Il Grande Slam della vela

Il poker del mare. Le Olimpiadi, la Coppa America, il giro del mondo in equipaggio (che da Whitbread a Volvo a The Ocean Race, ha cambiato nome diverse volte), fino al Vendée Globe, il giro del mondo in solitario. Ecco the “fabulous four”. Le magnifiche quattro regate che, ognuna nel suo campo, rappresentano l’eccellenza quando  le puoi semplicemente raccogliere nel palmares, figuriamoci se ottieni un grande risultato. Nessuno però prima d’ora le ha concluse tutte e quattro.

Non è un caso se per vedere una medaglia d’oro olimpica vincere la Coppa America come timoniere si è dovuto aspettare dal 1896 al 1992, quando Buddy Melges oro nei Soling nel 1972 conquistò la Vecchia Brocca al timone di America Cube superando il Moro di Venezia. Dopo di lui lo hanno imitato Russel Coutts e Peter Burling.

Chi si avvicina alla vela lungo le coste o sui laghi italiani quasi sempre comincia su un piccolo Optimist ai corsi del circolo velico vicino casa o dove si va in vacanza. I più fortunati sono cresciuti in una famiglia che ha una barca. Ma se regatare tra le boe appassiona più che navigare in mare aperto la carriera sportiva nelle classi olimpiche è uno sbocco naturale. Cosi è stato per Francesca Clapicich che ha partecipato a due edizioni dei Giochi Olimpici (Londra e Rio), ma forte ha poi sentito il richiamo del mare aperto dell’orizzonte infinito. Quando taglierà la linea di arrivo del Vendée Globe 2028 a bordo di Team Francesca Clapcich Powered by 11th Hour Racing diventerà il primo essere umano di ad aver partecipato alle famose “fabulous four”, perché dopo le Olimpiadi, è salita a bordo di Turn on the Tide on Plastic nella Volvo Race del 2017 ed è stata (prima italiana) a vincere nel 2022/2023 di The Ocean Race con 11th Hour Racing Team, infine si è cimentata con NYYC/American Magic nella Puig Woman America’s Cup del 2024 a Barcellona come timoniera di sinistra.

NYYC/American Magic

“La devozione e l’etica del lavoro che ti dà la preparazione olimpica sono insuperabili” dice Francesca Clapcich, che aggiunge: “Me le sono portate dietro per tutta la carriera e anche in questa nuova avventura sono fondamentali nel mio bagaglio di esperienza”.

La vela ha tante facce, infinite sfumature, ma che spesso fanno fatica a essere comunicanti. Per questo l’impresa che si accinge ad affrontare Francesca Clapcich è clamorosa e soprattutto sottolinea le caratteristiche del suo carattere. Una mente aperta che non si è mai fermata davanti ai cancelli in nessun campo della sua vita sportiva e personale.

Nel tennis ci sono stati giocatori che hanno fatto la storia sulla terra rossa, come Nadal, giocatori che hanno fatto la storia sull’erba come Federer o Djokovic, Sinner ha vinto tre Slam sul cemento, ma tutti questi sono stati numeri uno nel ranking, vincendo su ogni superficie. La vela non ha un ranking che abbraccia tutte le sue discipline. Ognuna ha caratteristiche diverse, anche se c’è qualcosa che nella carriera di Francesca Clapcich ritorna: essere solitaria, “single handed” si dice in inglese (con una mano sola letteralmente), che magari ha a che fare con una certa predisposizione alla solitudine. Non è da tutti.

I primi passi di Francesca Clapcich con il vento tra i capelli, sono stati sull’Optimist come la maggior parte dei bambini. Cominciare da soli è quasi obbligatorio. Si è qualificata ai Giochi di Londra con il singolo Laser Radial a venti quattro anni. Quattro anni dopo a Rio le enormi aspettative a prua di Giulia Conti sul 49er FX, sono naufragate tra le onde all’ombra del Pan de Azucar, la medaglia sognata è rimasta un’illusione. Da una delusione così si esce con determinazione e cambiando orizzonte. 

Amory Ross / 11th Hour Racing Team / The Ocean Race

A volte basta spargere la voce perché qualcosa accada. Questa volta il sogno si è fatto realtà e gli oceani hanno accolto Francesca due volte. Due regate molto diverse, con barche ed equipaggi differenti. Dieci sul Vor 65 “Turn the Tide on Plastic” quattro sull’Imoca 60’ “11th Hour Racing”. Imbarcazioni quasi uguali nella lunghezza ma molto lontane nelle forme, comunque due campagne che non avevano sponsor tradizionali e commerciali, ma promuovevano un’azione di sensibilità e ricerca sui mari del globo. Valori che per Francesca Clapcich sono fondamentali e che continueranno con il Vendée Globe 2028.

“Il Vor 65 era una barca tradizionale, veloce, ma con uno scafo come quello della barche che vediamo navigare la domenica a Trieste,” racconta Francesca “gli Imoca 60’ sono la vela moderna, quella con i foil che permettono allo scafo di sollevarsi dall’acqua, imbarcazioni che arrivano senza difficoltà a trenta nodi. Ma quando sei a bordo, con il caschetto in testa o capelli al vento, la determinazione non cambia. Quella mi viene dal metodo olimpico”.

Eloi Stichelbaut-polaRYSE / 11th Hour Racing

Se Capo Horn è considerato l’Everest della Vela, la Coppa America è il Santo Graal di ogni velista. E così dopo due passaggi nel posto più a sud della terra, ecco il richiamo della Coppa. Nella Coppa America vera e propria per le donne non c’è ancora posto, quindi le ragazze hanno lottato su barche più piccole, ma sempre iper tecnologiche, e hanno dato grande prova di agonismo. Le regole di un team di oltre cento persone sono uguali per tutti grandi, donne e ragazzi. C’è sempre da imparare,  e magari nasce da un’esperienza così il desiderio di essere velisti solitari.

Oggi un team per il Vendée ha bisogno anche dell’esperienza di una sfida complessa come quella di Coppa. C’è tecnologia, comunicazione, umanità. Avere una barca sperimentata con cui cominciare a navigare subito è un vantaggio, soprattutto se non vieni dalla gavetta della vela solitaria. “Sarà una grande avventura, perché anche se oggi si è un po’ perso quel sapore romantico che ha avuto per tanti anni la vela oceanica. Però ci si trova sempre a navigare in luoghi remoti, ci vuole l’equilibrio per sapere quando spingere a tutta e quando alzare il piede dall’ acceleratore, mollare un po’ le vele, insomma. Sono pronta anche a fare i conti con la paura e la solitudine: vanno gestite, ma so che avrò sempre vicino il mio team, anche se non fisicamente”.

Stefano Vegliani

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La velista italo-americana Francesca Clapcich e 11th Hour Racing lanciano la sfida al Vendée Globe 2028